Tecniche di ablazione della fibrillazione atriale
I successi delle procedure chirurgiche di ablazione proposte da Cox et al nei primi anni ’90 avevano stimolato gli elettrofisiologi a riprodurre la procedura chirurgica Maze con approccio transvenoso, mediante lesioni lineari prodotte da cateteri con radiofrequenza. Questi tentativi tuttavia ottennero scarsi successi, per cui gli elettrofisiologi si rivolsero verso strategie atte a colpire i trigger focali della fibrillazione atriale.
Ablazioni mirate alle vene polmonari
L’identificazione di trigger che iniziano la fibrillazione atriale nel tratto ostiale delle vene polmonari spinsero a prevenire le ricorrenze di fibrillazione striale con ablazioni nella sede di origine del trigger. L’ablazione diretta dei trigger era limitata dalla scarsa frequenza con cui l’inizio della fibrillazione atriale poteva essere riprodotto durante la procedura di ablazione. Un’ulteriore limitazione di questo approccio è che si osservano, comunemente, molteplici sedi di foci triggeranti.
Per superare queste limitazioni Haissaguerre et al proposero un differente approccio inteso ad isolare elettricamente il miocardio prossimo alle vene polmonari. Questa tecnica di isolamento segmentale delle vene polmonari includeva l’identificazione e l’ablazione sequenziale dell’ostio delle vene polmonari prossimo ai punti più precoci di attivazione delle fibre muscolari delle vene polmonari. L’endpoint di questa procedura era l’isolamento elettrico di almeno tre vene polmonari.
Successivamente Pappone et al svilupparono una strategia di ablazione di encircling delle vene polmonari guidata da un mappaggio elettroanatomico tridimensionale.
La possibile comparsa di stenosi vascolari come complicanza dell’applicazione di radiofrequenza nell’interno delle vene polmonari e il riscontro che le sedi di innesco e/o mantenimento della fibrillazione atriale erano spesso localizzate nell’antro delle vene polmonari, determinarono un cambiamento di strategia dell’ablazione, mirata cioè all’isolamento del tessuto antrale piuttosto che delle vene polmonari. L’ablazione in queste sedi era eseguita a segmenti, guidata da un catetere mappante circolare posizionato vicino all’ostio delle vene polmonari o mediante una lesione circonferenziale continua creata per circondare le vene polmonari destre o sinistre. La linea di ablazione circonferenziale veniva guidata o dal mappaggio elettroanatomico o dalla fluoroscopia o dall’ecocardiogramma intracardiaco. L’endpoint di questa procedura consiste o nella riduzione dei voltaggi nell’interno delle aree ablate, o nell’eliminazione dei potenziali delle vene polmonari registrati da uno o due cateteri mappanti circolari o da un catetere basket nelle vene polmonari ipsilaterali e/o da un blocco d’uscita dalle vene polmonari.
Per quanto le strategie di ablazione a livello delle vene polmonari rimangano fondamentali per la terapia della fibrillazione atriale parossistica e persistente, altri tentativi sono stati fatti e sono in corso per individuare strategie addizionali al fine di aumentare i successi delle procedure ablative. Una di queste strategie consiste nel creare lesioni lineari addizionali nell’atrio sinistro secondo schemi diversi.
Ablazioni non-mirate alle vene polmonari
In circa un terzo di pazienti inviati per l’ablazione di una fibrillazione atriale parossistica possono essere identificati trigger non localizzati nelle vene polmonari e in pazienti selezionati la sola eliminazione di questi trigger ha determinato la scomparsa dell’aritmia. Le sedi di origine di questi trigger atriali possono essere la parete posteriore dell’atrio sinistro, la vena cava superiore, la cresta terminale, la fossa ovale, il seno coronarico, lungo il legamento di Marshall, le adiacenze degli anelli delle valvole atrioventricolari.
Diversi studi hanno dimostrato che aree atriali, in cui si registrano elettrogrammi complessi frazionati ( complex atrial fractionated electrograms, CAFE ) di basso voltaggio ( 0.06-0.25 mV ), rappresentano un substrato aritmogeno per la fibrillazione atriale e quindi costituiscono un target per l’ablazione dell’aritmia.
Gli endpoint principali di questa strategia ablativa sono la completa eliminazione delle aree con CAFE, la conversione della fibrillazione atriale in ritmo sinusale e/o la non-inducibilità della fibrillazione atriale al termine delle procedure.
Il successo delle procedure di ablazione può essere aumentato aggiungendo come obiettivo l’ablazione dei gangli plessiformi, che sono principalmente localizzati nel grasso epicardio in prossimità degli antri delle vene polmonari. ( Xagena2011 )
Lineeguida AIAC 2010 per la gestione e il trattamento della fibrillazione atriale, G Ital Cardiol, 2011
Cardio2011
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